Documenti: quali conservare

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Per non rischiare di dover pagare due volte per la stessa cosa perché abbiamo buttato via la ricevuta troppo presto, bisogna sapere quando il credito cade in prescrizione, cioè dopo quanto tempo non si è più tenuti a dimostrare nulla. I termini di prescrizione sono fissati per legge e variano a seconda del tipo di documento.

Bollette per consumo di acqua, luce, gas, telefono: 5 anni dalla data di scadenza.

Abbonamento tv: 5 anni è il termine di legge, ma una sentenza del tribunale di Torino lo ha esteso a 10 anni. Il consiglio è di essere prudenti e tenere le ricevute per il termine più lungo.

Bollettino Ici (Imposta comunale sugli immobili): 5 anni dall’anno successivo a quello di pagamento.

Spese condominiali: 5 anni.

Tassa nettezza urbana: fino al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la denuncia doveva essere presentata (in pratica, 5 anni).

Affitto: 5 anni.

Mutui: 10 anni.

Cambiali: 3 anni.

Assicurazioni: 5 anni le polizze vita ai fini della detrazione Irpef (se stipulate prima del 1/1/2001) e le polizze long term care (per non autosufficienza), morte e invalidità permanente; 5 anni il premio Rc auto quando si detrae la parte relativa al contributo al Ssn.

Dichiarazione dei redditi e ricevute versamenti Irpef: 5 anni a partire dall’anno successivo a quello della dichiarazione.

Estratto conto corrente: 10 anni.

Bollo auto: 3 anni dalla data di scadenza (una sentenza della Cassazione ha prorogato il termine di 4 mesi): per prudenza meglio conservarlo per 4 anni.

Multe stradali: 5 anni.

Buste paga: fino alla pensione.